Da giorni canticchio una canzoncina, mi rimbalza nella testa quando meno me l’aspetto e non mi si toglie di dosso: è appiccicosa. E’ una canzoncina che ascoltano i miei figli, ce la cantiamo continuamente fra di noi. Sembra stupida, ma come molte canzoncine da bimbi (molte, eh, mica tutte), è pure intelligente. C’è dentro un sogno, il sogno che se si vuole diventare qualcosa, alla fine ci si riesce sempre. Mi piace canticchiare coi miei figli: è avere un terreno di confronto, un tappeto su cui ci stendiamo insieme e siamo pari. Non è stato così per me, con i miei genitori: che erano anche più giovani di me ora, ma stavano sulle loro poltrone mentre i bimbi giù per terra. A me piace stare per terra con loro. Pare che ci sia un metodo educativo che parla di educazione giocosa o vattelappesca, ma io non seguo metodi, seguo il mio istinto. L’istinto dice di giocare.
Una volta ho letto una frase, in un blog in cui si parlava di maternità. Nel mio caso sarebbe paternità, va bene, ma poco cambia. Questa mamma parlava di cosa è cambiato da quando le sono nati i figli, e una frase mi colpì parecchio. Diceva, pressappoco: ho conosciuto l’ansia e la paura, e non mi hanno mai abbandonato. Vero. Caspita se è vero. Ma non solo. Ansia, angoscia, a volte sì. Poi fare il medico mica aiuta, a razionalizzare. Basta vederne uno che sembra il tuo, malato: e sembrano sempre i tuoi, perchè i loro gesti, i loro pianti, sono quanto di più universale ci sia.
Però ho conosciuto la gioia e il senso di eterno, coi miei figli, e quello altrimenti non avrebbe mai bussato alla mia porta. Il senso di immortalità: perché poi, alla fine, i figli li facciamo per nostro egoismo, per tramandarci nel futuro che altrimenti non avremmo mai. Perché almeno metà del nostro genoma se ne vada ancora a lungo per le strade, come se fossimo noi. Per stupirci che qualcuno ripeta certi nostri gesti istintuali, senza che glieli abbiamo insegnati.
Ma soprattutto, l’enorme sorpresa di avere figli è la loro ineluttabilità. Se chiedessero a me, che cosa è cambiato da quando ci sono, direi che non riesco a ricordarmi di come fosse quando non c’erano. Solo questo.