L’altro ieri ho fatto due chiacchiere con la direttrice della scuola materna frequentata dai miei figli. E devo dire che l’ho trovata parecchio sconfortata: certo, la situazione delle scuole italiane, con i tagli folli che sono stati praticati all’istruzione (immagino con lo scopo preciso di preservare la formazione culturale delle giovani generazioni, delegandola finalmente e definitivamente alla televisione), non le rende facile il mestiere. Ma c’è di peggio.
La direttrice si è lamentata che qualcuno non paga la retta mensile. E fin qui va bene, ci sono famiglie indigenti nel quartiere; e d’altronde quante volte è accaduto in passato che la direttrice stessa, a nome di queste famiglie in difficoltà, chiedesse un sostegno economico agli altri genitori e lo ottenesse? Non spesso, ma è accaduto.
Eppure, come dicevo, c’è di peggio. A non pagare la retta mensile sono stati alcuni genitori di figli che frequentavano l’ultimo anno; e, guarda caso, non hanno pagato proprio le ultime due o tre rate. La strategia è chiara: la direttrice non se ne accorge subito, e quando finalmente realizza la morosità l’anno scolastico è finito e non c’è alcun modo di rivalersi sui debitori. Anche perché i figli, in quella scuola, non torneranno più.
E allora sapete che c’è? Si fa un gran parlare di evasione fiscale, di parassiti sociali, della necessità assoluta di chiedere sempre e comunque lo scontrino fiscale ai commercianti: ai tempi della peste manzoniana c’erano gli untori, adesso ci sono gli evasori fiscali e la colpa della crisi è tutta loro. Ma episodi come quello che vi ho appena raccontato vanno molto oltre, svergognano persino gli insospettabili, lasciano inture che la volontà di frodare, il fisco in primis ma anche e persino la scuola dove sono cresciuti i propri bambini, sia connaturata al carattere degli italiani, codificata nel loro DNA.
Per cui, a partire da questo preciso istante, io la smetterò di lamentarmi della rampicante disonestà dell’attuale classe dirigente. La pianterò seduta stante di discutere animatamente con amici e colleghi del processo Mills o delle presunte ruberie di Penati. Smetterò di dire che tra destra e sinistra non c’è alcuna differenza e che di fronte al vil denaro sono tutti uguali: anche perché l’affermazione è veritiera e non dettata da qualunquismo o sfiducia generalizzata, ma solo dalla rassegnazione di chi ha constatato la cruda realtà dei fatti. La smetterò di lamentarmi della crisi, degli evasori fiscali, dei politici disonesti: perché l’uomo della strada, come i fatti dimostrano, non è migliore di loro.
Al punto che viene un dubbio: forse gli italiani non sono un popolo di evasori per il cattivo esempio dei politici di professione. Forse è vero il contrario: sono i politici di professione ad avere il cattivo esempio da chi li vota, e a comportarsi di conseguenza.