Strategie di risparmio nelle pubbliche amministrazioni

di | 11 Dicembre 2011

Nelle pubbliche amministrazioni ci sono sprechi, è risaputo. Invece dei tagli indiscriminati sarebbe molto più fruttuoso riorganizzare e ottimizzare i sistemi: ci sono a disposizione modelli consolidati, esperienze positive effettuate altrove, in altre analoghe realtà. Eppure ci sono sempre resistenze. Anomalie inspiegabili. Disfunzioni, disservizi, distrazioni, superficialità.

Faccio un esempio: nella sala di refertazione del pronto soccorso radiologico, fino a pochi giorni fa, c’erano due sedie in condizioni non ottimali. Una aveva il poggiabraccio mezzo divelto, l’altra lo schienale staccato dall’intelaiatura in acciaio. Dopo qualche tempo il problema persiste, e allora chiamo il capotecnico: gli chiedo di chiamare qualcuno che sistemi le sedie. Il capotecnico mi richiama mortificato, pochi minuti dopo, e mi dice che a conti fatti facciamo prima a mandare al macero le due sedie e a richiederne di nuove.

Per quale motivo? chiedo io.

Perché queste sedie pare che non le ripari nessuno, risponde lui.

Ma come? In ospedale non abbiamo un ufficio deputato a sistemare i guasti?

Si, ma non questo genere di guasti qui.

Bene, chiedo informazioni sull’esistenza di una cassetta degli attrezzi e scopro che ce n’è una proprio nell’ufficio del capotecnico. Vado a prenderla e in cinque minuti risolvo i due problemi con una chiave a brugola e un martelletto; e già che ci sono stringo tutte le viti e metto due gocce d’olio nelle giunture. Alla fine le sedie sembrano come nuove: puoi sederti senza che ti si sloghi una spalla se appoggi male il braccio.

Alla fine rimangono solo un paio di considerazioni amare: capisco che siamo nella società dei consumi, che ci invogliano fin da piccoli a comprare oggetti nuovissimi in sostituzione di oggetti nuovi, e che persino quando ti si rompe lo sportellino del lettore CD la risposta del tecnico è, invariabilmente, Se ne compri un altro, io questo non glielo riparo. Eppure, cavolo, a questo punto della nostra storia si potrebbe pure tornare al tempo in cui un televisore durava vent’anni (e il tecnico te lo riparava fino all’esalazione dell’ultimo respiro); e peraltro si presume che io venga pagato per fare un altro mestiere, non per riparare sedie. Tutto questo, in linguaggio pertinente, si chiama ottimizzazione. Che poi, tra le altre cose, è la forma più efficiente di risparmio.

E siccome siamo nell’Italia ai tempi della crisi, se non erro, forse varrebbe la pena di prestare attenzione alle nostre risorse; anche a quelle meno preziose. E varrebbe la pena di riscoprire l’uso di una pinza, del vecchio caro martello, della chiave inglese. E se può riscoprirlo un impedito come me, uno che per cambiare la lampadina ha sempre creduto che bisognasse essere in cento (uno a tenerla ferma, gli altri a girare la stanza), allora ci possono riuscire davvero tutti.

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