Svevo, Joyce e i privilegi della Letteratura

di | 8 Settembre 2013

Anche durante la prima settimana di settembre ho avuto al lavoro la compagnia degli studenti liceali, quelli di cui ho già parlato qui: con uno di loro, Alessandro, ho parlato di libri e di letture.

Il punto è che, molto correttamente, i professori assegnano agli studenti un certo numero di romanzi da leggere per l’estate: ma loro si sentono disorientati perché la lista dei libri spesso non è di loro gradimento. Pirandello e Svevo vanno bene per una estate di letture a sedici, diciassette anni? E Joyce? Non sarà materiale troppo complesso per un adolescente che vive realtà ed esperienze completamente differenti da quelle narrate in quei classici? Forse si, forse no. Io ho letto la prima volta La coscienza di Zeno a quindici anni: a quella lettura devo una larga parte di precoci riflessioni esistenziali sulla vita e sul mondo e, soprattutto, il fatto che la rilettura del romanzo, a trent’anni sia, stata mille volte più godibile grazie alla memoria del lettore quindicenne che ero stato. Il che è normale: dentro una storia ci entri solo quando hai condiviso una parte delle esperienze raccontate dallo scrittore. Illudersi di capire Svevo a quindici anni è follia pura.

E allora perché leggerlo ora? mi ha chiesto lo studente. Beh, per motivi diversi. Intanto perché Svevo è stato un fenomeno ineguagliato della nostra letteratura: uno scrittore caprino con diversi romanzi illeggibili alle spalle e che a un certo punto della sua vita, senza che tuttora se ne comprendano i motivi, e quando chiunque altro avrebbe abbandonato già da tempo i sogni di gloria, sfornò il libro che avrebbe cambiato il corso del romanzo italiano del ‘900. Poi perché ogni romanzo ha in sé il seme dell’esperienza: da ragazzino il mio pensiero costante era di andare incontro alle cose della vita, per quanto possibile, già pronto ad affrontarle. Nei romanzi ci si trova invenzione, è vero, e mito; ma anche la vita di tutti i giorni. Senza arrivare agli estremi di Flaubert, direi che chiunque scriva, a qualsiasi titolo, mette dentro le sue righe parecchio di sé. Quel parecchio è esperienza già fatta da altri, a portata di mano, premasticata, che puoi pensare di utilizzare quando verrà il momento giusto: da questo punto di vista la letteratura per me è stata un vero e proprio investimento per il futuro, e sapeste quante volte la memoria di situazioni lette mi ha cavato d’impaccio quando ero in mezzo ai guai (Moravia non l’ha mai saputo, ma la prima volta che feci l’amore sembrai meno imbranato di quanto ero solo grazie alle sue inconsapevoli lezioni letterarie).

Io non sono di quelli convinti che uno scrittore andrebbe giudicato solo dalle sue opere. Se così dovesse essere, della Divina Commedia comprenderemmo si e no un quarto dei suoi mila significati. Un’opera è il suo scrittore molto più di quanto certa critica voglia convincerci a credere: da studente liceale non capivo perché il mio professore ci imponesse di studiare la vita e non solo le opere degli Autori; ma adesso, a 45 anni, tutto è più chiaro.

Per tornare all’esperienza di Alessandro: intanto, credo che per invogliare un ragazzo alla lettura andrebbe costruito un percorso su misura per lui, perché non è che a tutti piacciano o debbano piacere le stesse cose. Più nello specifico, vuoi fargli leggere Svevo e Joyce? Raccontagli dove e perché si sono incontrati, in che modo l’uno ha avuto influenza sull’altro, fagli vedere con gli occhi della fantasia lo scenario urbano di inizio secolo scorso in cui possono essersi incontrati, parlati, e aver scambiato opinioni sulla Coscienza di Zeno. Alla fine leggere entrambi sarà come sfogliare le pagine del diario di una persona conosciuta e cara: e si avrà l’impressione divina del grande privilegio di passare qualche ora in compagnia di due menti così straordinarie, anche a distanza di un secolo dalle loro vite.

Come dice un mio amico, i libri contano poco. E’ la letteratura che ha valore assoluto. E letteratura non è solo leggere un romanzo: è soprattutto comprendere l’importanza del privilegio che ti è concesso, in compagnia degli Autori, mentre sfogli quelle pagine.

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