Sto leggendo un libro molto interessante da Daniel Goleman, celeberrimo psicologo e scrittore americano, sul tema del’intelligenza sociale: una variante pratica, se vogliamo semplificare l’argomento, del suo libro di qualche anno fa sull’intelligenza emotiva. Argomento molto di moda di cui tanto si dibatte (spesso a sproposito, in ambienti lavorativi di vario tipo) negli ultimi anni.
Non voglio né recensire il libro né raccontarvi le mie personali esperienze in fatto di intelligenza emotiva: d’altro canto, chi segue il blog ha avuto modo più e più volte di intuire qual è il mio metodo di approccio ai pazienti, soprattutto, ma anche ai colleghi con cui lavoro. La questione è un’altra, ed è molto più complessa.
Chi mi segue da più tempo sa bene quanto mi sia costato non scrivere nulla a proposito degli eventi luttuosi che si sono verificati pochi giorni fa a Parigi; e sul perché io, assumendomene tutta la responsabilità, per descrivere il mio punto di vista sull’argomento avrei scelto (al contrario della maggioranza, ma non di tutti: il che è, almeno in parte, confortante) un hastag molto impopolare: #jenesuispascharlie. Ma non è neanche questo, il punto.
Il punto è che gli eventi luttuosi di cui i mass media non mancano di metterci a parte, con dovizia di particolari e se possibile con ricostruzioni dettagliate di modi e tempi, sono inoculazioni quotidiane di puro veleno. Me ne accorgo le rare volte in cui mi capita di guardare un film in tivù: avete presente quelle reti commerciali in cui il film viene inframezzato da un numero incredibile di interruzioni pubblicitarie, spesso scelte senza tenere in alcun conto i ritmi della narrazione cinematografica? Bene: tra il primo e il secondo tempo del film, invariabilmente, viene proposto un telegiornale flash della durata di mezzo minuto che si riassume in una litania angosciante di tragedie mondiali, climatiche, familiari e personali. Uno spettacolo allucinante che, dovesse mai finire sotto gli occhi di un alieno, darebbe della vita su questo pianeta un’idea piuttosto disperante. Questo veleno ci viene inoculato ogni giorno, in piccole dosi, e contribuisce a farci smarrire quel po’ di fiducia che abbiamo nel mondo e nel prossimo nostro: che alla fine ci sembra popolato unicamente di serial killer, sbroccati che sterminano le proprie famiglie, ladri di professione, fannulloni patentati che si danno alla politica e oscuri figuranti che ordiscono nell’ombra complotti su scala mondiale.
Goleman invece ci dice che le cose non stanno così. Provate e leggere con me.
(…) Si è dibattuto a lungo sul fatto che gli esseri umani siano creature gentili ed empatiche malgrado una vena occasionale di malvagità, ma la quantità di orrori che pervade tutta la storia sembra contraddire questa idea; la scienza, dal canto suo, non ha fornito un grande sostegno (…).
Questo è dove siamo noi ora. Ma ascoltate il resto.
(…) Eppure è sufficiente considerare le proporzioni relative. Immaginiamo quante opportunità potrebbero avere le persone in tutto il mondo di commettere un atto antisocilale, dallo stupro all’omicidio e fino alla semplice maleducazione o disonestà. Mettiamo questo numero nella parte inferiore di una frazione. E, nella parte alta, inseriamo il numero di atti antisociali che avvengono effettivamente (…).
Capite dove va a parare Goleman?
(…) La percentuale di malvagità messa in pratica ammonta quasi a zero ogni giorno dell’anno. Se poi consideriamo il numero di atti caritatevoli compiuti in quel giorno, la percentuale relativa all’altruismo sarà sempre maggiore rispetto a quella della crudeltà (ma se diamo retta alle notizie riportate dai media, la percentuale sembra invertita) (…).
Ecco, appunto: se diamo retta alle notizie riportate dai media. Il che lascia un pensiero di fondo sgradevole: e se tutto mirasse proprio a quello, cioè a farci perdere fiducia nel prossimo, a darci un’idea distorta circa le miserie del mondo, a farci vedere le persone con cui dividiamo le nostre vite come arroganti, violente, senza scrupoli, nel migliore dei casi senza etica? E chi ci guadagnerebbe da questa comune disperazione strisciante?
(…) Sebbene gli esseri umani ereditino un bagaglio biologico che consente loro di provare rabbia, gelosia, egoismo e invidia, nonché di essere sgarbati, aggressivi o violenti, essi ereditano una tendenza ancora più forte verso la tenerezza, la compassione, la cooperazione, l’amore e l’assistenza, soprattutto verso chi è in difficoltà (…).
E’ questo che dovete tenere a mente, sempre, in particolare se fate il mio mestiere o, malauguratamente, siete dalla parte sbagliata del vetro. Le persone non sono cattive come a tutti i costi vogliono farci credere: anzi, il contrario. Per cui, datemi retta, fate due cose: spegnete la televisione e attivate i vostri neuroni a specchio. La vita diventerà un viaggio completamente diverso, e ci sarà da divertirsi.