Una mattina in pretura

di | 8 Giugno 2012

Qualche giorno fa sono stato chiamato a testimoniare in un processo penale. I trenta secondi peggiori, come potete immaginare, sono stati quelli intercorsi tra la consegna della raccomandata, in cui campeggiava bel bello il nome dello studio legale, e la sollevante scoperta che anche per questa volta non ero stato accusato di negligenza e/o imperizia e/o imprudenza: il che la dice lunga sullo stato d’animo che permea il medico italiano oggi (e non pensiate, cari pazienti, che questa pressione migliori le nostre prestazioni: perché semmai le rende peggiori, ma questo è un altro discorso).

Il resto è dunque ordinaria amministrazione: persino la naturale irritazione nel sentirsi citati come testimoni con tono francamente intimidatorio. Ho capito che i testimoni svicolano, come mi insegna mia moglie, e che la formula usata dagli avvocati è quella che la legge prevede, però non è piacevole sentirsi dire che nel caso di inadempienza agli obblighi si sarà coattivamente condotti in tribunale dalle forze dell’ordine; e neanche che nel peggiore dei casi se fai l’uccel di bosco ti aspetta una multa da oltre 500 euro. In fin dei conti sono un cittadino italiano, se non libero nella sostanza almeno nella forma, e per giunta incensurato. Ed essendo tra i pochi a pagare le tasse, pare, gradirei non dico deferenza ma almeno un po’ di rispetto dallo Stato di cui immeritatamente faccio parte.

Alla fine dei conti la storia era come me l’ero prefigurata: un tale aveva menato un altro tale e io, di guardia in pronto soccorso, avevo refertato le fratture del secondo. Mi è stata chiesta qualche delucidazione sul referto, io l’ho fornita e il tutto è durato cinque minuti di orologio. L’imputato aveva qualcosa di lombrosiano, ho pensato uscendo dall’aula, ma quelli francamente non erano affari miei.

Alla fine sono tornato al lavoro: perché è vero che mi sarebbe toccato un giorno di congedo pagato, ma poi alla fine noi medici siamo fatti così, lontani dal nostro ospedale proprio non ci sappiamo stare. Alla faccia di chi ci ha dato, e continua a darci, degli sfaticati, degli irresponsabili e puranche dei criminali (nota: non mi sto autoincensando, con me c’era anche un collega chirurgo maxillo-facciale e anche lui è tornato all’ovile. Che brutta abitudine, vero?).

Lascia un commento